LOMBARDI INTERVIENE
SU ASL UNICA ROMAGNA.
La
prima anomalia, per una Regione che si vanta di concertare qualsiasi cosa e che
fa della partecipazione il suo fiore all'occhiello, è costituita
dal fatto che l’azienda ASL Romagna è stata
calata dall'alto per un disegno politico esterno, dal quale i professionisti
della azienda sono stati completamente estromessi. Del piano di
riorganizzazione aziendale, degli obiettivi, delle finalità,
dei metodi, dei mezzi, gli operatori delle aziende sono stati tenuti e sono
tutt’ora
tenuti all’oscuro.
Se
tale metodo è discutibile
nella riorganizzazione di una azienda tradizionale, costituita dalla dirigenza
e dalle maestranze, risulta aberrante se
applicato ad una azienda sanitaria, fatta da migliaia di professionisti
(peraltro definiti contrattualmente dirigenti) che lavorano con la salute delle
persone, che fanno progetti avanzati di formazione e di crescita
professionale e che da un giorno all’altro
vedono tutto il loro percorso professionale messo in discussione, se non
annullato.
Queste
mie considerazioni che potrebbero sembrare una difesa d'ufficio della categoria
dei medici, riguardano in realtà la
qualità dei
servizi sanitari che vogliamo offrire ai nostri cittadini. I migliori servizi
infatti sono quelli erogati da professionisti che dispongono non solo dei
mezzi, ma soprattutto che hanno motivazioni forti per fare bene il proprio
lavoro. E quali possono essere le motivazioni di chi viene trattato come
manovalanza, come prestatore d’opera e che non sa cosa sarà del
suo futuro prossimo?
Ciò vuol dire mortificare le professionalità e
le eccellenze del territorio, che hanno impiegato anni e risorse economiche
ingenti per arrivare a quei livelli, e
che all’improvviso vengono messi in discussione.
Mi
scuso se cito l’esempio della Chirurgia Toracica presente all’Ospedale
di Riccione.
Negli
anni passati la ASL Rimini ha investito ingenti risorse per formare chirurghi
toracici, anestesisti, rianimatori, infermieri di sala operatoria facendo
raggiungere a quel reparto un ottimo standard qualitativo. Sono state costruite
le nuove sale operatorie e una nuova rianimazione con 10 posti letto per
accogliere i pazienti chirurgici. E’ logico
e normale che una provincia di 350.000 abitanti abbia un ospedale che cura il
tumore del polmone e quanto è stato
fatto in passato non è altro
che l’adeguamento agli standard qualitativi di
base. Eppure quei professionisti, oggi,
non sanno che cosa sarà del
loro futuro. Probabilmente, ma non è stato
definito ancora nulla, la chirurgia toracica verrà unificata a Forlì e così un
cittadino riminese che ha avuto la sfortuna di vedersi diagnosticato un tumore
al polmone, oltre al peso della malattia avrà anche l’onere di doversi fare curare lontano da
casa. E non stiamo parlando della
malattia rara che colpisce poche persone e che giustamente deve essere curata
in centri di eccellenza, ma del tumore del polmone che purtroppo è il
secondo tumore per incidenza. Lo stesso discorso può essere
fatto per altre specialità come
la cardiologia, la chirurgia addominale, la rianimazione, la nefrologia.
Altro
esempio è la scelta, o meglio la non scelta, che l'azienda sta facendo con i primari.
I
primari che stanno andando in pensione non vengono più rinnovati.
Si nominano dei facenti funzione senza alcun peso decisionale e si aspetta.
Probabilmente verranno creati dei direttori unici per tutta l’azienda.
Questo vuol dire per esempio che il primario della rianimazione potrà stare
a Forlì e
gestirà i
reparti di Rimini, Cesena, Forlì e
Ravenna. Chi conosce minimamente la
Divisione di un ospedale sa bene che questa è una proposta pericolosa che condanna la Divisione alla ingovernabilità .
La Unità operativa
di anestesia e rianimazione di Rimini è fatta
da 60 medici e svolge attività complesse:
pensare di non avere vicino una guida seria, forte, riconosciuta a capo di una
simile struttura vuol dire aprire la porta all’anarchia, alla mediocrità,
fattori che in sanità si
traducono sempre come servizi scadenti al cittadino, disservizi, malasanità.
Infine
la non meno importante situazione burocratico-organizzativa.
Il
1 gennaio 2014 è stata
fatta partire l’ASL Romagna, senza che prima fossero stati
determinati i principi base dell’organizzazione della nuova azienda ne i
responsabili delle attività.
Questo
ha voluto dire bloccare tutta l’attività amministrativa
delle aziende, i concorsi per i nuovi assunti,
gli acquisti già messi
in preventivo, le pratiche già in
essere, sono state tutte bloccate.
Le
uniche tre figure che sono state definite nella nuova azienda sono stati il
Direttore Generale, il direttore Sanitario e quello Amministrativo e quindi
tutte le delibere e gli atti amministrativi devono essere firmate da loro tre.
Una
delibera al momento impiega mesi per essere firmata e per essere resa
operativa, perché i
tre direttori si incontrano, senza avere un calendario predefinito, ogni mese
circa e hanno ad ogni seduta, centinaia
di delibere da approvare. Peraltro, per quanto bravi, con quale attenzione si
potranno approvare 100 – 150
delibere contemporaneamente?
Così può accadere
che un reparto per avere un borsista ci metta otto mesi quando prima con la azienda ASL Rimini ne bastavano due
mezzo. Se la nuova azienda aveva il
compito di semplificare la macchina burocratica, ha fallito completamente il
suo obiettivo.
Da
ultimo l'importantissimo aspetto economico.
Per
quanto riguarda il budget dei singoli reparti, già al primo semestre c’è stato
un taglio delle disponibilità rispetto
a quanto contrattato e peraltro questa manovra è stata fatta a giugno, quando già i
reparti avevano più di
sei mesi di attività pregressa.
La
ex Azienda di Rimini, che era quella con i conti in regola, che negli ultimi 15
anni aveva fatto un percorso di crescita professionale importante, che aveva il
più basso
export in regione, che aveva la
casistica più numerosa
delle altre aziende, corre il rischio di essere la prima a pagare le
inefficienze della ASL Romagna.
Se
tutto questo è stato
fatto per ridurre maldestramente i costi della sanità,
è singolare che solo dopo pochi mesi dalla nascita, il
bilancio della ASL unica sia già in
rosso per circa 22 milioni di euro.
Probabilmente
il teorema tutto teorico, sul quale è nata
la ASL Romagna è già fallito,
altre sono le ricette per rendere efficiente il servizio e razionalizzare i
costi, ma sono ricette che la sinistra ideologica e burocratica della nostra regione, che da
sempre ha considerato la sanità come
un proprio orticello da curare in modo
clientelare, non sa e non vuole mettere in pratica.
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Marco Lombardi Forza Italia
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